Spiritualità e teologia

La carità e la croce

Il 10 ottobre 1851 nella chiesa del Calvario di Domodossola, di fronte a confratelli e novizi, Rosmini tenne un profondo, talvolta enigmatico, discorso intitolato La Carità. Della carità Rosmini celebra l'assoluta incommensurabilità, l'origine non naturale o umana ma divina: «la carità esiste prima dell'uomo e del creato», non è un «effetto» di esistenze precedenti ma è essa stessa «causa infinita» dell'esistere di ogni cosa (Operette spirituali, p. 65). Riprendendo una suggestione della tradizione cristiana, già elaborata da San Tommaso, Rosmini dichiara che non vi è nulla al mondo che parli della carità con maggior eloquenza della croce su cui trovò la morte Gesù.
Le quattro parti della croce indicano le dimensioni essenziali della carità. Il legno orizzontale della croce indica la «larghezza» della carità, e cioè la sua universalità, la sua intenzione di abbracciare tutto e tutti. Il legno verticale indica la «lunghezza» della carità, cioè la sua durata nel tempo, la sua perseveranza, la sua fedeltà: «Con questa costanza ama Iddio che è carità. Ab eterno, o fratelli, egli ha amato tutte le opere sue, le ama e le amerà in eterno» (Operette spirituali, p. 75). Il legno alla sommità della croce indica l'«altezza» della carità, ossia la sua capacità di portare in alto, di perfezionare e dunque di salvare e divinizzare ogni realtà da essa abbracciata. E infine, che cosa manca della carità? Manca ciò che di essa rimane nascosto ed oscuro, la sua «profondità», rappresentata dalla parte della croce infissa nel terreno e sottratta allo sguardo. È questa la dimensione più segreta e misteriosa della carità, ma forse anche la più essenziale, ossia la capacità della carità di stare dentro l'abisso dell'universale sofferenza, del fallimento e della morte: «la profondità della carità non è altro che la profondità del patimento, nel quale vive e sfavilla l'atto più perfetto e più potente della medesima carità» (Operette spirituali, p. 80). La carità, con la sua profondità, sa far fronte anche alla «spaventevole potenza del male» (Operette spirituali, p. 77), perché profondi sono gli abissi del male e del dolore «ma l'abisso dell'umanità penitente, paziente, moriente del Redentore è assai più profondo» (Operette spirituali, p. 81).
(M. DOSSI, Il santo proibito. Il Margine, Trento 2007, pp. 160-161)
 

- Operette spirituali, a cura di Alfeo Valle, Città Nuova, Roma 1985