Etica e antropologia

I principi dell'etica

Uno degli aspetti del pensiero etico di Rosmini che più colpisce il lettore di oggi è la tesi secondo cui il bene ha una radice oggettiva, una radice «ontologica» come dicono i filosofi. Il bene cioè è presente in ogni cosa, anzi coincide con il valore di ciascuna cosa che l'intelligenza è in grado di cogliere. L'intelligenza, nel momento in cui capisce «che cosa è» una realtà, è in grado di fornire non solo una definizione descrittiva e funzionale di essa, ma anche una determinazione valoriale. Definire con verità una cosa, conoscerla in modo corretto, possederne un'idea adeguata significa capire sempre anche il valore che quella cosa ha. In altri termini: nella comprensione intelligente di una cosa, nella sua «idea», è contenuto ciò che quella cosa essenzialmente è, e quindi tutto ciò che ad essa conviene per poter essere pienamente se stessa. Possedere l'idea corretta di «fiore», o di «scoiattolo», oppure di «persona», significa sapere «che cosa» quella determinata realtà deve possedere, «che cosa a lei convenga», per essere appunto fiore, o scoiattolo, o persona, ossia che cosa le fa bene oppure, al contrario, male.
Ma l'intelligenza valoriale, la conoscenza del valore delle cose non rende di per sé moralmente buona una persona, se ad essa non si accompagna una volontà disposta ad amare (Rosmini dice: a «ri-conoscere») il bene conosciuto. L'uomo si innalza alla dignità morale non nell'atto di vedere, ma nell'atto di volere il bene: per usare una formula tipicamente rosminiana, la moralità non risiede nel «conoscere», ma nel «ri-conoscere» il bene, cioè nell'aderirvi volontariamente. «Approvare», «aderire affettivamente», «tendere ad un oggetto conosciuto e gradito»: sono queste le espressioni che usa Rosmini per indicare l'amore. All'atto intellettivo che conosce il bene presente negli esseri, la volontà deve aggiungere l'atto libero che lo riconosce, che fornisce cioè al bene un'adesione personale di rispetto, di devozione, di amore.
Ogni realtà, in quanto ha di per sé un valore, esige giustamente una quota di rispetto e di amore. Ma l'amore è buono quando è ordinato, cioè quando rispetta la gerarchia valoriale della realtà, secondo cui, ad esempio, un animale vale più di una pietra, e una persona, anche se debole e malata, vale più di un qualunque animale, per quanto pregiato esso sia. Nella prospettiva rosminiana riconoscere il bene significa amare: non tuttavia amare nell'indistinzione che attribuisce ad ogni cosa uguale valore ed affetto, ma amare nella cura della differenza, cioè rispettando la molteplicità e multiformità degli esseri, apprezzando ciascun ente per il valore specifico di cui è portatore: «L'essere ha un ordine in se medesimo, onde avviene che certi esseri sieno maggiori e più eccellenti di altri ed abbiano maggior dignità, e quest'ordine è quello che deve essere riconosciuto dalla volontà, onde la formola dell'obbligazione universale, ossia il principio dell'Etica può anche esprimersi così: ‘riconosci l'essere qual è nel suo ordine'» (Introduzione alla filosofia, n. 217, p. 293). La legge morale esige dalla volontà umana di «odiare nulla, amare tutto, e amarlo nell'ordine suo naturale». Amare l'essere nel suo ordine significa conformare all'ordine dell'essere l'ordine dell'amore, in modo che alla diversa dignità dei diversi gradi dell'essere corrisponda la diversa intensità dei diversi gradi dell'amore: «chi ama l'essere, ama necessariamente secondo l'ordine dell'essere: ché chi ama disordinatamente, non ama, ma veramente odia l'essere» (Principi di scienza morale, pp. 113, 153). È per questo che la legge morale esige che, al di sopra di tutto, sia posto l'amore verso l'essere sommo, cioè verso Dio. Ma all'amore di Dio si connette direttamente l'amore verso la persona umana, l'ente che possiede il massimo valore tra quelli che l'intelletto conosce nell'ordine naturale. Solo la persona umana, infatti, appare dotata di dignità infinita in virtù della sua apertura all'infinito e della sua destinazione a Dio. Per questa sua potente apertura ad un amore infinito, ma sempre attento alle differenze e rispettoso delle distinzioni, l'etica rosminiana rinnova nel cuore della modernità un approccio francescano alla vita e al creato.
(M. DOSSI, Il santo proibito. Il Margine, Trento 2007, pp. 76-85)
 

- Introduzione alla filosofia, a cura di Pier Paolo Ottonello, Città Nuova, Roma 1979
- Principi della scienza morale, a cura di Umberto Muratore, Città Nuova, Roma 1990