Filosofia della conoscenza e metafisica

Ragione e rivelazione

Per Rosmini l'intelligenza umana non si costituisce e non cresce in un ambito separato, né tanto meno opposto, a quello dell'esperienza di fede, ma invece si genera (e si rigenera) all'interno di essa, come esplicitazione di quella straordinaria misura di intelligenza che è presente nel messaggio evangelico. Per questo Rosmini può sostenere che la filosofia, pur rimanendo ricerca rigorosamente razionale sul senso ultimo della realtà, può utilmente attingere alle verità della rivelazione, ed è questa che egli chiama «filosofia cristiana».
Vi è nel cristianesimo un patrimonio di verità che la ragione non può mai esaurire, ma di cui può legittimamente servirsi nella sua ricerca: la filosofia non è chiamata qui a ripetere passivamente e dogmaticamente verità assunte altrove, ma a valorizzare tutta la forza esplicativa di cui sono ricchi i dogmi della fede. In questo senso, la fede cristiana non annulla la fatica del pensare, né rende vana la ricerca razionale, anzi offre ad essa un formidabile stimolo a spingersi a profondità che, da sé sola, non saprebbe nemmeno immaginare. In questo senso Rosmini dice che la sua filosofia nasce «dagli intimi visceri del Cristianesimo» (Epistolario filosofico, p. 153).
La rosminiana «filosofia cristiana» è una filosofia che, senza cessare di essere razionale, sa far tesoro delle verità della fede. I misteri della fede infatti non sono assurdità. Essi sono espressione di verità di cui non si coglie pienamente la spiegazione ultima a causa del carattere soprannaturale e delle dimensioni infinite di ciò di cui essi parlano.
I contenuti dogmatici della rivelazione non hanno nulla di arbitrario, così come le informazioni sulla luce e sui colori che venissero date ad «un cieco nato» non sarebbero affatto false o arbitrarie, anche se a lui non possono in alcun modo risultare evidenti (Antropologia soprannaturale, I, pp. 147-48 e n. 260). Di un territorio circoscritto e finito noi possiamo più o meno agevolmente percorrere il perimetro. Ma di un territorio infinito non possiamo dominare i confini. E ciò tuttavia non ci impedirà di percorrerlo, almeno in parte, e di conoscerlo. Usando questa similitudine Rosmini può dunque felicemente concludere: «I misteri del Cristianesimo non tolgono punto, come sembra ad alcuni, la sua libera attività alla ragione umana, ché anzi l'accrescono, l'aiutano ad andar più avanti, a svilupparsi in una sfera maggiore» (Epistolario filosofico, p. 352).
Affermando che nelle «viscere del cristianesimo» vi è un immenso patrimonio di verità disponibile anche ad una ricerca filosofica rispettosa della fede, Rosmini pone una pietra d'inciampo a quella tradizione illuminista che credeva di aver definitivamente liquidato il mistero religioso come una forma di «irrazionalità». D'altra parte, richiamando al mondo cattolico la necessità di riprendere con vigore gli studi filosofici, senza i quali anche la teologia è destinata a ridursi a poca cosa, Rosmini sfida la diffidenza antifilosofica tipica del tradizionalismo del suo tempo, incapace di superare il trauma rivoluzionario e la conseguente identificazione della ragione umana con l'aborrito «razionalismo ateo».
La filosofia cristiana che Rosmini vuole contribuire a riedificare non è una filosofia delle pie intenzioni, «sparsa qua e là di sentimenti religiosi», «involta in parole cristiane», ma poi sguarnita sul piano del metodo e del rigore dimostrativo (Epistolario filosofico, p. 178). È invece una filosofia seria e «profonda», in grado cioè di offrire «i fondamenti di una teologia piena e soddisfacente» e i necessari riferimenti orientativi della vita personale e sociale (Epistolario filosofico, pp. 53 e 168).
(M. DOSSI, Il santo proibito. Il Margine, Trento 2007, pp. 45-47)
 

- Epistolario filosofico, a cura di Giulio Bonafede, Celebes, Trapani 1968
- Antropologia soprannaturale, a cura di Umberto Muratore, 2 voll., Città Nuova, Roma 1983