1797-1815

Il periodo giovanile

Antonio Rosmini nasce a Rovereto nell'elegante palazzo della famiglia Rosmini-Serbati il 24 marzo 1797. Secondogenito (ha già una sorella Gioseffa Margherita) di Pier Modesto Rosmini e della contessa Giovanna Formenti di Biacesa, è accolto con particolare gioia in quanto primo figlio maschio, naturale garante della continuità di una famiglia che vanta una lunga storia.
Il padre Pier Modesto è uomo di poche parole, amante di una vita quasi spartana, estremamente parsimonioso, dedito interamente alla famiglia, all'amministrazione del suo notevole patrimonio e con il solo hobby della caccia. La madre Giovanna è una donna colta, dotata di una grande sensibilità: la casa è l'orizzonte della sua vita e dei suoi sogni. Entrambi religiosissimi si raccolgono spesso in preghiera nella cappella privata e fanno della carità non una semplice parola, ma uno stile di vita. Dai genitori, Antonio impara a coniugare austerità e dolcezza: la severità essenziale e aristocratica del padre gli insegna ad affrontare i disagi della vita con grande dignità, a guardare con distacco, ma senza disprezzo, ai beni materiali, da usare sempre come mezzi e mai come fini; dalla madre eredita una straordinaria sensibilità che lo farà capace di grandi amicizie e profondi sentimenti. Ha un legame profondo con la sorella maggiore Margherita a cui lo unisce una grande affinità spirituale (lui fonderà un ordine religioso, lei entrerà in quello delle Canossiane), mentre più difficili sono i rapporti con il fratello minore Giuseppe, che in più di una circostanza si rivelerà superficiale, geloso, a volte scorbutico.
Importante è anche la figura dello zio Ambrogio architetto e pittore, suo primo "suggeritore culturale". Da lui, considerato un secondo padre, impara l'arte della curiosità, l'inquietudine che spinge gli uomini a scandagliare il perché delle cose, e l'umorismo, fine e intelligente, che è capacità di leggere la cronaca con il distacco di chi sa che il mondo è infinitamente più vasto del proprio sguardo. Fin da bambino, ama circondarsi di amici. Due, in particolare, i cugini Leonardo Rosmini e Antonio Fedrigotti, accompagneranno le prime stagioni della sua vita.
La sua prima scuola sono le mura di casa dove un maestro privato gli insegna a leggere e scrivere adottando come libri di testo la Bibbia, le vite dei santi, le storie dei martiri. Nel 1804 frequenta la scuola elementare pubblica ma è anche affidato alle cure di don Francesco Guareschi. A 11 anni (1808) viene iscritto al locale Ginnasio, dove nel corso degli anni intraprende lo studio dei classici della letteratura latina e italiana rimanendo affascinato soprattutto da Virgilio, Petrarca e Dante. Contemporaneamente si avvicina ai grandi scrittori cristiani prediligendo soprattutto sant' Agostino e san Tommaso.
Nel 1812 fonda l'Accademia dei Vannettiani con lo scopo di promuovere l'amore per la religione e le sane letture. Nello stesso anno compone "Il giorno di solitudine", nel quale esalta la solitudine come atmosfera indispensabile per poter guardare dentro la propria anima e udire, nella quiete interiore, la voce divina. In uno di questi momenti di silenzio interiore, avverte la chiamata al sacerdozio, scelta inizialmente osteggiata dal padre che vede in lui il continuatore della tradizione familiare. Terminati gli studi ginnasiali, viene affidato agli insegnamenti di don Pietro Orsi, insegnante privato che gli farà scoprire il mondo della filosofia, di quel pensiero che indaga sulle ragioni prime della vita e di ogni altro sapere. Legge tutto quanto gli capita sottomano, approfondisce, annota, discute animatamente con il suo insegnante. Nel 1813 questa vivacità intellettuale viene premiata: a soli 16 anni, viene accolto nella prestigiosa Accademia degli Agiati, della quale fanno parte i più bei nomi della cultura locale.

>> 1816-1822  Gli studi universitari padovani  e l’ordinazione sacerdotale