Politica e diritto

Superate le giovanili suggestioni restauratrici, a partire dal soggiorno milanese del 1826 Antonio Rosmini sviluppa e consolida una concezione giusnaturalistica e costituzionalista dell'origine e della natura del potere politico, che trova espressione soprattutto nella Filosofia della politica e nella Filosofia del diritto. Alla luce di tale impostazione egli colloca al centro del suo pensiero politico e giuridico la «persona» intesa come centro irradiatore di diritti e di doveri che ogni autorità è tenuta a rispettare e a promuovere.
La persona non ha semplicemente dei diritti, ma - secondo la celebre definizione rosminiana - essa è il diritto: «essa è il diritto sussistente, l'essenza del diritto». Dalla dignità inviolabile della persona lo Stato appare strutturalmente limitato nelle sue pretese dispotiche: esso non può decidere dei diritti e dei doveri fondamentali, ne può solo regolare le «modalità» di esercizio.
Giudicato talora espressione di un patrimonialismo fuori del tempo per l'enfasi eccessiva accordata alla salvaguardia della «proprietà» (che Rosmini intende, per la verità, non tanto in senso patrimoniale quanto in senso antropologico), il costituzionalismo rosminiano - e in particolare il suo parlamentarismo - si caratterizza per la ricerca originale di un difficile equilibrio tra le esigenze della giustizia e quelle della libertà, tra la forza ideale e morale dei «diritti» e la potente pressione storico-concreta degli «interessi».