1848

Le riforme e i moti del 1848, la promessa del cardinalato e la fuga di Pio IX a Gaeta

In questi anni l'Italia sta vivendo una stagione di grandi sogni e utopie. Sull'esempio di Pio IX, anche Carlo Alberto, re di Sardegna, e Leopoldo II, granduca di Toscana, avviano nei rispettivi regni una timida primavera di riforme. Antonio, che da sempre si sente profondamente "italiano", radicato in una grande tradizione culturale che va ben oltre le frammentazioni provocate dalla storia, è felice che l'Italia riscopra con orgoglio le proprie radici nazionali; ed è ancora più contento che a guidare questa rinascita sia il papa.
Nel 1848 il movimento patriottico, al cui avvio hanno in qualche misura contribuito le prime decisioni liberali di Pio IX, induce lo stesso papa a concedere una Costituzione più liberale anche nello dello Stato pontificio. Per l'occasione Rosmini si propone di fargli giungere alcuni suggerimenti che gli evitino di ripetere gli errori commessi da altri sovrani, tra i quali l'istituzione di un tribunale di giustizia politica, destinato a proteggere il cittadino da ogni forma di sopruso  (compresi quelli commessi in nome della legge), e il voto concesso in proporzione alle proprietà che si possiedono. Ma i tempi non sembrano favorevoli a ragionamenti sottili.
A Milano il popolo insorge nelle "cinque giornate", ribellandosi agli austriaci; Venezia proclama la Repubblica; Carlo Alberto si pone alla testa dell'esercito che dovrebbe cacciare lo "straniero" dall'Italia. Quando le truppe austriache abbandonano Milano, Rosmini vi si reca per pubblicare la Costituzione civile secondo la giustizia sociale, opera che gli procurerà non pochi grattacapi. E a Lugano, nella primavera dello stesso anno, fa stampare un libro al quale ancora oggi deve gran parte della sua fama, Le cinque piaghe della Santa Chiesa, in cui, senza risparmiare rilievi critici, esprime il suo grande amore per la Chiesa.
Attraverso una fitta corrispondenza col cardinale Castracane, Rosmini presenta un'approfondita analisi della situazione politica italiana e prospetta un possibile futuro assetto politico e istituzionale dell' Italia una volta liberata dall' oppressione austriaca. E' con queste considerazioni che entra a pieno diritto tra i protagonisti del Risorgimento. Idee e proposte vengono portate all' attenzione di Pio IX, che si convince ancor più di aver bisogno, in questa difficile situazione, di un consigliere così prezioso.
Come previsto da Rosmini per l' esercito piemontese dopo i primi successi le cose incominciano a mettersi male e a Carlo Alberto non rimane che tentare la strada della coalizione con gli altri sovrani. Per farlo bisogna mettere in campo una fitta azione diplomatica sostenuta da un valido ambasciatore: la scelta del governo piemontese di affidare a Rosmini l'incarico lo raggiunge nel luglio 1848 in Svizzera dove si trova per un periodo di riposo. Decide di accettare l'incarico solo se si offrirà al papa un Concordato tra Piemonte e Santa Sede che garantisca la piena libertà della Chiesa e gli si sottoponga un accordo che preveda la creazione di una Confederazione di Stati italiani sotto la sua guida. Le sue richieste vengono accettate anche se non ufficialmente formalizzate: conscio della situazione disastrosa che sta attraversando l'Italia, accetta di partire nonostante non avesse ancora in mano le credenziali richieste.
Pio IX si dimostra interessato alle proposte che Rosmini gli illustra, ma dimostra più interesse per la sua presenza: ha deciso infatti di nominarlo cardinale nel prossimo Concistoro previsto per dicembre. Quando viene a saperlo, Rosmini, sgomento e disorientato, tenta di dissuaderlo appellandosi alle Costituzioni che gli impediscono di accettare incarichi e onorificenze, senza aver prima ottenuto l'assenso dei vertici della sua Congregazione. Contrariamente alle sue aspettative il parere dei superiori delle comunità rosminiane è invece positivo.
Nel frattempo, la missione per cui è a Roma è a un punto morto: non gli giungono da Torino le istruzioni richieste per avviare la trattativa su Concordato e Confederazione. Il lungo silenzio è dovuto al fatto che in Piemonte c'è stato un "ribaltone": il Governo è cambiato, il nuovo esecutivo non ha alcuna intenzione di sottoscrivere un accordo che in qualche modo porti a riconoscere al papa un ruolo preminente nel nuovo Stato unitario. Quando gli arrivano le istruzioni sono di tutt' altra natura rispetto a quelle concordate: dovrà limitarsi a chiedere a Pio IX di schierarsi contro l'Austria. Rosmini comunica al primo ministro piemontese di non essere disposto a continuare l'incarico: il governo lo licenzia.
Nell'estate del 1848 entra in crisi anche il Governo dello Stato pontificio. Si aprono le consultazioni per la nomina del nuovo primo ministro. Rosmini è tra quelli che sponsorizzano la candidatura di Pellegrino Rossi, cui Pio IX affida l' incarico di formare il nuovo Ministero. Il nuovo Capo del Governo vaticano si rivela però un accentratore: tiene per sé i tre ministeri chiave e si circonda di mezze figure. Rosmini chiede al papa di correre ai ripari, inserendo nell'esecutivo una personalità forte, in grado di contrastarne l'arroganza.
L'astro rosminiano è all'apice: mentre è ormai certa la sua promozione a cardinale e Segretario di Stato, viene designato consultore del Sant'Uffizio e della Congregazione dell'Indice, l'organismo che, per ironia della sorte, di lì a pochi mesi condannerà proprio le sue opere.
Ma, ormai a Roma è il caos: l'assassinio di Pellegrino Rossi scatena la rivoluzione, cade il governo e Pio IX per tentare di sedare i tumulti, si impegna a venire incontro ad alcune delle richieste dei rivoltosi. Nel nuovo esecutivo il ministero della Pubblica istruzione viene assegnato a Rosmini che si dice pronto ad accettare l'incarico solo su esplicita richiesta del papa, che però non arriverà.
Gli eventi precipitano: Roma sfugge al controllo di Pio IX, che nel novembre 1848 decide di abbandonare la città e rifugiarsi a Gaeta nel Regno di Napoli ordinando a Rosmini di seguirlo.
Regista in ombra della corte pontificia in esilio diventa il cardinal Antonelli: il suo obiettivo è quello di poter giustificare la richiesta di un intervento armato dell'Austria che possa aprire la strada al rientro del papa. I tentennamenti e le esitazioni del Pontefice confermano che è sempre più in balia degli eventi e soprattutto del cardinal Antonelli, che mal sopporta una voce come quella di Rosmini, uno dei pochi a conservare lucidità in una situazione sempre più confusa e che soprattutto ama parlar chiaro e dire con lealtà ciò che pensa. Un personaggio così non può che intralciare i piani dell'Antonelli, che cercherà in ogni modo di rendergli difficile l'accesso al papa.

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