I Rosmini-Serbati

Ambrogio (1741-1818) l'architetto

Figlio primogenito di Giovanni Antonio e della contessa Margherita Fedrigotti d'Ochsenfeld, è l'esponente della famiglia più significativo e più celebre dopo il filosofo Antonio, di cui fu zio paterno. I meriti per cui la figura di Ambrogio ha assunto e riveste tuttora grande rilevanza nella storia cittadina sono legati alla sua attività artistica di alto livello, alla sua generosità di collezionista e bibliofilo e al suo prestigio pubblico, che lo portò a ricoprire diverse cariche nella Rovereto a cavallo del 1800.
Nato nel 1741, Ambrogio fu educato nelle migliori scuole di Innsbruck e Bologna. Al termine degli studi, con il sostegno economico del padre, intraprese un lungo Grand Tour italiano (viaggio affrontato dalla maggior parte dei rampolli della nobiltà europea) che ebbe luogo tra 1759 e 1763, toccando varie città d'arte quali Urbino, Roma, Napoli, Ercolano e Pompei. Ma alla vigilia della partenza per la Sicilia Ambrogio fu richiamato a Rovereto per vivere nella casa di famiglia e collaborare alla gestione del patrimonio.
Da questo viaggio egli portò con sé una raffinatissima cultura artistica e un'eccellente tecnica architettonica, che lo trasformarono presto nel più richiesto pittore d'affreschi e architetto della Rovereto tardo-settecentesca. Gli furono affidati, sia dalla municipalità sia da importanti committenti privati, progetti come quelli del palazzo dell'Annona o Magazzino del Grano (l' attuale Biblioteca civica), del palazzo Piomarta e di palazzo Fedrigotti. Buona parte dell'attuale corso Bettini - l'elegante via d'accesso settecentesca al nucleo tardomedievale della città - si può considerare frutto delle sue teorie architettoniche. Contestualmente, sia per gusto collezionistico, sia per aggiornamento professionale, Ambrogio raccolse nella propria casa un'imponente collezione di stampe (circa 20.000 pezzi) e numerosissimi libri che costituirono l'inizio di una preziosa biblioteca, aperta agli amici e agli studiosi, seconda in città solo alla nuova biblioteca civica (1764). Il prestigio personale e famigliare dell'uomo ne fece uno dei protagonisti della vita pubblica roveretana, sia negli ultimi anni dell'antico regime, sia durante la fase francese e rivoluzionaria, che vide casa Rosmini aperta ad ufficiali francesi e austriaci e Ambrogio in prima linea nelle trattative con i governi che via via si succedevano sul territorio. Uno degli incarichi più prestigiosi fu quello di presidente della Commissione al pubblico ornato, istituita dal regno d'Italia ma come questo destinata a brevissima esistenza. Pur senza mai prendere moglie, Ambrogio Rosmini-Serbati visse l'intera esistenza - viaggio in Italia escluso - nel suo appartamento nella casa avita, rappresentando il principale riferimento morale e operativo per il padre, finche questi rimase in vita, e assumendo anche in seguito un ruolo dirigenziale e di guida dell'intero complesso famigliare.