I Rosmini-Serbati

Giovanni Antonio (1714-1787)

E' il secondogenito di Ambrogio Rosmini e Cecilia Orefici e fratello minore di Nicolò Ferdinando il cronista. Grazie alla scelta celibataria e religiosa del fratello maggiore, sarà lui a ereditare il patrimonio e la conduzione di casa e ad assicurare la discendenza alla linea dei Rosmini «al Portone», che proprio grazie a lui saranno i Rosmini Serbati, in virtù dell'acquisizione dell'antico fedecommesso Serbati.
Nato nel 1714 compì i primi studi a Rovereto, quindi per completare la sua formazione, trascorse due anni nel Collegio gesuita di S. Luigi a Bologna dove frequentò con profitto le facoltà di filosofia e giurisprudenza ed ottenne nel 1734 il certificato di frequenza. Rientrato in patria, intorno al 1740 prese in moglie la contessa Margherita Fedrigotti d'Ochsenfeld, figlia di una delle principali famiglie roveretane e sua lontana parente, dalla quale ebbe due figli Ambrogio (1741-1818) e Pier Modesto (1745-1820).
Attese innanzitutto alla famiglia ed alla sua proprietà, proseguendo la tradizione del casato Rosmini nel commercio della seta. Nel 1762 venne eletto alla Deputazione per le scuole ginnasiali di Rovereto e nel 1765 mandato ad Innsbruck con Carlo Telani a risolvere alcune vertenze sorte in merito a questioni riguardanti il patrio ginnasio.
Giovanni Antonio riassume in sé doti intellettuali e pratiche che sa ben valorizzare dando alla famiglia prestigio e floridezza, pur contribuendo al bene e allo sviluppo della città (era allora vivissimo nelle famiglie nobili e con possibilità finanziarie il senso civico e l'impegno per il progresso e la prosperità del paese). Negli anni della sua maturità la casata raggiunge il massimo di potenza e di ricchezza, segnalandosi come una fra le più importanti - se non la più importante in assoluto - della Rovereto settecentesca. Non risultano suoi particolari interessi e propensioni verso la dimensione intellettuale e artistica: gli va però dato atto di aver da una parte fornito una solida educazione umanistica e artistica ai figli, e di aver d'altra parte accumulato le notevoli disponibilità che consentiranno poi al figlio Ambrogio di mettere insieme la sua straordinaria collezione di stampe e la sua notevolissima biblioteca. Fece vita operosa, agiata e tranquilla fino alla morte  avvenuta nel 1787 all'età di 73 anni.